Inverno andaluso!

La strada scorre veloce adesso. 

Osservo le distese di serre. 

Un’onda bianca, altalenante che si perde senza soluzione di continuità. 

Un sorriso affiora sulle mie labbra. 

Ripercorro nella testa questi sette giorni, 500 km sconfinati che mi hanno fatto solo intuire la  varietà di questa regione immensa e  immensamente diversa.

Un paesaggio che cambia continuamente diluendo il tempo e rendendo le giornate infinite.

Da un lato le Sierre che si innalzano verticali alle spalle di Almeria, talvolta più aride, talvolta fitte di boschi, dai nomi arabeggianti come la Sierra Alhamilla, ma costantemente aspre e impegnative con valichi anche oltre i 2000 metri. 

Dall’altro una costa frastagliata e rocciosa lungo il promontorio di Cabo de Gata che pian piano si addolcisce spingendosi da San Jose ad Almeria, specchiandosi nelle Saline che corrono parallele al mare e si perdono nelle dune sabbiose che si estendono fino alle porte della città. 

E poi i deserti sabbiosi e rocciosi, monumentali e gelidi.

Guardando fuori dal finestrino mi perdo nel bianco delle serre in cui si affollano tonnellate di pomodori e cetrioli e penso che il bianco sia uno dei colori predominanti di questa terra.

Bianchi sono i campi di mandorli in fiore.

Bianche le greggi che pascolano beatamente accompagnate dai pastori.

Bianco il manto nevoso che ammorbidisce le cime più alte. 

Bianche le infinite distese di pale eoliche disseminate lungo il percorso, interrotte solo dal rincorrersi delle ombre delle stesse pale che girano.

Bianche le rocce delle pareti riarse dal sole e le carrarecce che si inerpicano su per i pendii. 

Bianchi i vicoli dei paeselli che si materializzano di tanto in tanto nel nulla. 

Paesi deserti, fatti di case ma non di persone, per lo più disabitati, dove il tempo sembra essersi fermato e le poche botteghe non hanno orari da rispettare.

Il bianco mi acceca, mi sorprende, mi accompagna. 

Così come il vento. 

Il vento è costante.

Spazza gli altipiani e si incanala nelle gole e lungo i canyon del deserto. 

Ostacola le coltivazioni. Rimbomba incessantemente nelle orecchie. 

Sferza il viso. 

Riempie il silenzio. 

Ti costringe a spingere anche in discesa. 

Al calar del sole ti penetra nelle ossa e non ti abbandona più. 

Il vento è stato il mio compagno di viaggio più assiduo e ha riempito i lunghi silenzi delle giornate che ho pedalato da sola. 

E si, perché pur essendo partite in due, questo viaggio, a causa dell’ammalarsi di Giulia che ha dovuto rinunciare ad alcune tappe anticipando il rientro ad Almeria, mi ha “costretta”a 3 giorni e mezzo di solitudine. Siamo partite insieme, dirette a Tabernas, per addentrarci il prima possibile nel deserto, smaniose di ritrovarci nel nulla e il nostro desiderio di wild si è concretizzato già dopo pochi chilometri. 

Dopo Nijar, infatti, la civiltà scompare insieme all’asfalto e la Sierra Alhamilla ti abbraccia con le sue salite lunghe e polverose. 

Arrivando in cima al valico l’orizzonte si apre e si riempie di creste fitte e scolpite. 

Tabernas si materializza in mezzo al nulla e sembra lì a un passo, ma è solo un’illusione.  

Come in tutti i deserti che si rispettino, anche qui le distanze visive sono ingannevoli , le curve di susseguono, i saliscendi rendono la meta pressoché irraggiungibile e mantenere la lucidità soprattutto a fine giornata non è semplice. Ma l’entusiasmo è alle stelle e la fatica di dissipa velocemente. Giulia comincia ad accusare i primi sintomi influenzali, ma non si abbatte. 

La mattina successiva ci immergiamo nel deserto che ci conquista e ci risucchia nel suo dedalo di Ramblas sabbiose e insidiose. 

Risaliamo il letto di un fiume in secca dal fondo a tratti compatto a tratti smosso e impedalabile. Intorno a noi pareti rocciose che via via ci avvolgono in un canyon sempre più stretto e sassoso.

La tabella di marcia sballa in un attimo! Impieghiamo circa 4 ore per percorrere 20 km e alle 4 del pomeriggio, giunte a Nacimiento, dovremmo pedalare altri 60 km per giungere alla meta prefissata. 

Il vento è gelido e incessante già da un po’, Giulia tentenna. 

La tosse non le da tregua e i dolori si fanno sentire. 

Decidiamo di fermarci ad Abrucena, dove troviamo una gelida pensione ad accoglierci. Il paese è semi deserto, fermiamo una signora per strada per capire se riusciremo a sfamarci e scopriamo che c’è un solo bar aperto perché, a causa del freddo, la sera chiudono tutti. 

Effettivamente la temperatura sfiora lo zero e per scaldare la camera costringiamo la signora della pensione che ci ospita a procurarci una seconda stufa. 

La mattina dopo Giulia decide di prendere un taxi. 

Abbiamo rivisto le tappe e deciso di arrivare a Gorafe in modo tale da poter attraversare il deserto la mattina dopo. Io mi avventuro da sola. La Sierra Nevada domina l’orizzonte. 

Le cime innevate la addolciscono. 

Il paesaggio è totalmente diverso dal giorno prima. 

La sabbia e le gole del deserto hanno lasciato il posto a distese di campi. Mandorli e peschi fioriti si alternano agli ulivi. Distese di pale eoliche invadono l’altopiano che attraverso per chilometri.  

Pedalo alacremente ma avanzo lentamente. 

Man mano che salgo il paesaggio cambia di nuovo e quando svalico sopra Gor non riesco a capire dove possa essere il deserto di Gorafe. 

Scendo per chilometri, attraversando un’altopiano scarno e brullo e poi all’improvviso una gola si apre dinanzi a me. 

La montagna si materializza sotto di me. Il deserto monumentale di Gorafe si staglia all’orizzonte in tutta la sua immensità. 

Rimango esterrefatta e avanzo sempre più lentamente. 

Il sole è ancora alto e incredibilmente caldo ed è piacevole crogiolarsi ai suoi raggi. 

Raggiungo Giulia che sembra essersi ripresa e ci confrontiamo su come proseguire. 

Non vogliamo rinunciare al deserto, ma io non voglio rinunciare neanche alla costa e sfioriamo l’empasse, ma alla fine troviamo un compromesso. Attraverseremo solo una parte di deserto, senza spingerci fino a Pozo Alcon, ma facendo un anello che ci consentirà di ributtarci verso Seron per poi riprendere la traccia così come ipotizzata. 

La mattina ci svegliamo alle 5! 

Decidiamo di uscire prima dell’alba per goderci il sorgere del sole nel deserto e lo spettacolo è indescrivibile. 

Man mano che la luce aumenta il paesaggio intorno a noi si fa sempre più rosa e le rocce intorno a noi pian piano prendono forma e colore. Migliaia di sfumature accendono le pareti. 

Il freddo è talmente intenso che nonostante il fornello sia al massimo non riusciamo a far bollire neanche una tazza d’acqua per fare il the e dobbiamo accontentarci di una sbrodaglia tiepida  e insapore. 

Ma la bellezza intorno a noi è incredibile. 

Ci inoltriamo nel deserto lungo una cresta che pian piano scende e si addentra tra le sculture rocciose. Osserviamo lo spettacolo intorno a noi e continuiamo a fermarci . 

Il silenzio è assoluto. 

Siamo sole. 

Se da un lato soffriamo il freddo e la rigidità di fine febbraio, dall’altro ci godiamo l’immensa solitudine che ci circonda e che rende questi luoghi solo nostri.

Quando riemergiamo dal deserto è quasi l’una.

Cerchiamo la via più diretta per arrivare a Seron ma inaspettatamente ci ritroviamo su un single trek che inerpicandosi lungo una cresta attraverso il Geoparque di Granada e costeggiando il deserto ci conduce fino a Olivar  e Bacor, due perle di case scavate nella roccia. 

Ci godiamo lo spettacolo del lago incastonato tra le montagne. Il contrasto tra il turchese delle acque e il marrone aranciato delle pareti che lo circondano allevia la fatica della salita verticale che dobbiamo affrontare!

La strada è ancora lunga. 

Quando arriviamo a Seron sono le 7 passate.

Ancora una volta ci ritroviamo in un paese fantasma. 

È tutto chiuso tranne un bar che ci ispira poca fiducia, ma la casa che ci ospita è molto accogliente per cui decidiamo di fare la spesa in un piccolo supermercato ancora aperto e ci attrezziamo una cena davanti al caminetto. 

Da Seron, la mattina successiva, il ritorno verso la costa si prospetta tutt’altro che facile. 

Una lunga salita di circa 30 km ci separa dal valico che ci condurrà verso Lucainena de Las Torres. Scherzando ma non troppo Giulia cerca di capire se c’è un mezzo che può portarla fino al Puerto de la Venta Luisa. Sta di nuovo male, ha dolori e brividi che la assillano e dubita di poter arrivare in cima. 

Io cerco di rassicurarla! La salita sarà lunga ma  dolce e mi metto davanti a lei cercando di spronarla. Ridendo ci diciamo che magari troveremo qualcuno salendo che la caricherà fino all’osservatorio,  ma ci rendiamo presto conto che l’ipotesi è totalmente surreale. Non incontriamo nessuna macchina che sale, salvo 2 auto di servizio con a bordo dipendenti del parco che stiamo attraversando, che rifiutano categoricamente di poter dare un passaggio a Giulia e la situazione si fa veramente difficile.

Il freddo è intenso.

La neve si è materializzata ai bordi delle strade. Il vento non ci da tregua.

A 10 km dal valico finalmente incrociamo un pick-up che scende in senso opposto. Non ci penso due volte e lo fermo cercando di spiegargli che la mia amica sta male e ha bisogno di un passaggio fino in cima. Lui è scettico ma alla fine acconsente e Giulia può riprendere fiato. 

Ancora una volta rivediamo il percorso e decidiamo di riscendere a Gergal per dare la possibilità a Giulia di trovare un mezzo che la porterà fino ad Almeria dove mi aspetterà nei prossimi giorni. Dobbiamo SOLO scendere per 19 chilometri!  Infilato tutto ciò che abbiamo a disposizione per coprirci ci lanciamo giù! Tornante dopo tornante la temperatura torna gradevole, il vento si acquieta….Il deserto è di nuovo davanti a noi. Gergal è un’oasi fiorita!

Proseguo da sola! 

Sono determinata a continuare e curiosa di capire quali sorprese ancora mi riserverà questo viaggio così diverso da come lo avevo pianificato. Mi ritrovo di nuovo nel deserto di Tabernas, che però, visto quello di Gorafe , assume tutt’un altro sapore. 

Non so bene cosa aspettarmi ma, superata la Tourillas, la strada per Lucainena de Las Torres mi sorprende nuovamente.

Ricomincio a salire e mi ritrovo ancora una volta circondata dalle montagne. 

Da qui in poi la strada dovrebbe essere in discesa, ma le sagome che intravedo in lontananza non sono tanto rassicuranti. 

La costa di Cabo de Gata in realtà è tutt’altro che pianeggiante.

Una serie di picchi che si susseguono in un’alternanza di saliscendi che diradano verso il mare, ma senza mai raggiungerlo realmente. Ho l’impressione di sfiorarlo più volte, ma ogni volta mi ritrovo a dover risalire… mi guardo intorno. 

Respiro. 

Contemplo questo paesaggio così diverso da tutto ciò che ho visto fino ad ora e mi dico che sono felice di essere qui e di non aver abbandonato l’idea di “scendere” sulla costa. Incredibilmente anche qui sono sola! 

Pedalo per chilometri e chilometri nel nulla, circondata da una natura selvaggia, incontrando solo lepri, volpi e svariate varietà di uccelli. 

Quando finalmente arrivo sulla costa a la Isleta la luce è calda.

Circa 10 km mi separano da San José e penso di essere arrivata. 

Ma ancora una volta mi ritrovo immersa nel nulla. La strada si inerpica lungo la scogliera offrendo alla vista panorami mozzafiato e regalandomi la compagnia di branchi di cervi che si arrampicano lungo le scarpate intorno a me. 

Quando arrivo a San Jose il sole ha iniziato a declinare. 

Il paese ha l’aria di essere molto turistico, ma in questo periodo dell’anno è deserto e ancora una volta devo fare i conti col fatto che è tutto chiuso. 

Comincio a sentire la fine del viaggio. 

Mi aspettano una cinquantina di km per tornare ad Almeria e penso di aver ormai visto tutto. 

Ma ancora una volta la strada mi stupisce e l’ultimo tratto di salita costiera fino a Vela Bianca mi regala degli scorci inimmaginabili. 

Gli ultimi chilometri attraverso le dune che separano le saline da Almeria sono un affastellarsi di pensieri ed emozioni. 

Sono stanca da un lato, sono felice, sono emozionata, ho gli occhi pieni di immagini e di bellezza.  

Penso a Giulia che non ha potuto viversi a pieno questo viaggio, penso che dovrà tornarci! Penso che voglio tornarci anche io, con più calma, per avere il tempo di assaporare fino in fondo la bellezza di questi luoghi che mi sembra di avere sfiorato ma non del tutto vissuto……


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