Costa rica on the road

L’aria è pesante a San José. 

Il cielo è plumbeo.

L’atmosfera è surreale. 

È venerdì sera ma è tutto chiuso sbarrato.

Attraversiamo il centro e non c’è anima viva. 

Le saracinesche sono tutte abbassate. 

Le insegne dei negozi, dei bar , dei ristoranti tutte spente. 

Le poche persone in giro non hanno un’aria amichevole né tantomeno raccomandabile.  Andrea è alquanto preoccupato: “mamma qui non possiamo uscire!!” 

Il tassista ci spiega che a San José è così! Durante la semana santa chiude tutto.

È festa!

Le persone vanno in vacanza.  

Noi siamo stralunati dal viaggio, ma non ci aspettavamo quest’atmosfera…..

“Bienvenidos in Costarica!!! “

Il ragazzo che ci accoglie in albergo è completamente stonato rispetto al poco che abbiamo visto! 

Super accogliente, affabile, sorridente, rassicurante ! 

Ci tranquillizza subito! 

E allo stesso modo, anche Jacopo, il nostro super nipotiello trapiantato in Costarica per trascorrervi gli ultimi 2 anni del liceo, che ci aspetta in albergo, è totalmente a suo agio e per niente perplesso all’idea di affrontare una passeggiata notturna in centro città. 

Noi siamo stanchi, ma la fame vince su tutto e ci avventuriamo alla ricerca di un ristorante.

Non saprei dire se la sensazione di incertezza sia stata causata dalla stanchezza o dalla “straordinarietà” del momento, ma la prima impressione non è stata come mi sarei aspettata. 

La mattina successiva siamo “ripartiti”! Riposati e curiosi siamo usciti in esplorazione per le vie della città, ma San José ha mantenuto la sua aura surreale, pochi negozi aperti, poca gente in giro, grande fermento di polizia e forze di sicurezza in previsione della processione del sabato santo.

Ci siamo fatti conquistare dagli innumerevoli murales e dalle statue disseminate lungo le vie;

abbiamo abbracciato i mille contrasti tra gli edifici coloniali e i bunker in stile sovietico dei palazzi del potere; ci siamo stupiti di queste casette tutte basse, tutte molto uguali…

dell’assenza pressoché totale della modernità a cui le nostre città ci hanno abituati!

Siamo partiti alla volta del Tortuguero sollevati al pensiero di uscire dalla cappa opprimente della città. 

E la natura ci ha accolto in tutta la sua grandezza. 

Dopo pochi km ci siamo ritrovati immersi in una foresta fitta e nebbiosa. L’umidità si è solidificata. 

La strada si è fatta stretta e tortuosa. 

Le curve si sono infittite; le pendenze dei continui saliscendi ci hanno proiettato su un otto volante; le buche sono diventate crateri; il paesaggio si è reso protagonista. 

Il verde ha preso il sopravvento e la vegetazione mi ha proiettata in altre situazioni vissute in altre aree tropicali del mondo.

E anche questa volta ciò che mi ha colpito è stato il caos di odori, colori persone accomunato da una serenità degli spiriti.

I costaricani o costarichensi, che dir si voglia, sono persone serene, affabili, disponibili, calme, rispettose dei tempi e degli spazi altrui (ciclisti in primis), pronti ad aiutarti in caso di bisogno! 

“Pura vida “ è il loro motto! è il loro buongiorno, grazie, con piacere, non c’è di che…. sorridono sempre, nonostante il loro mondo stia cambiando a causa di un afflusso turistico massiccio che condiziona enormemente l’economia e lo sviluppo di gran parte delle località del paese.

Ovunque siamo stati, dal Tortuguero, all’Arenal, a Monteverde, al parco Manuel Antonio, passando per Jaco, ciò che ci ha colpito è stato il costo della vita, pressoché allineato a quello europeo, nonostante gli stipendi siano nettamente inferiori a quelli occidentali, e il proliferare di attività create appositamente per i turisti, a nostro avviso, totalmente superflue considerando la ricchezza, la bellezza e l’unicità dei parchi naturali incontrati. 

La natura è sorprendente! 

Il verde abbagliante; 

le foreste pluviali fitte e inespugnabili sono puzzle irrisolvibili, livelli infiniti di alberi centenari su cui hanno proliferato arbusti, liane, muschi, piante aeree, fiori e frutti a noi sconosciuti, tra i cui rami è possibile scorgere una varietà faunistica inimmaginabile, che “convive” serenamente con gli uomini che incontra. 

Sin dalla prima passeggiata notturna ci siamo imbattuti in svariate specie di animali che poi abbiamo rincontrato e ampliato nel corso del viaggio: rettili (serpenti, iguana, basilischi); rane velenosissime dai riflessi fluo; ragni dalle dimensioni di una noce di cocco; bradipi, scimmie urlanti minacciose; spider monkey e scimmie cappuccine irriverenti e dispettose; alligatori e coccodrilli; mariposas multicolori; cervi, avvoltoi, tucani, colibrì, aironi, garze, procioni, guatusa, granchi, piccoli pipistrelli….

quasi tutti gli animali incontrati si sono lasciati osservare apparentemente indifferenti alla nostra presenza. 

Per spostarci da una località all’altra ci siamo “persi” lungo le strade volutamente sterrate e sconnesse che in alcuni luoghi cercano di disincentivare il turismo di massa. 

Ci siamo lasciati guidare attraverso le piantagioni di caffè, canna da zucchero e cacao, che a causa dei cambiamenti climatici ha cominciato ad attecchire con inaspettato successo in luoghi in cui fino a dieci anni fa sarebbe stato impensabile;

Ci siamo nutriti del silenzio urlante delle foreste; migliaia di suoni che si accavallano e si alternano alla voce incessante del vento che fa vibrare le fronde e le foglie degli alberi. 

E poi, usciti dalle foreste siamo rimasti senza fiato dinanzi alla possenza dell’oceano: inquieto e burrascoso il Mar dei Caraibi; apparentemente calmo ma costellato di onde irruente infinite e ipnotiche l’oceano pacifico. 

Il tempo, come sempre, si è diluito. 

Dieci giorni densi e infiniti e non quantificabili. 

E tuttora la percezione del tempo è irreale. 

Il fuso non è stato ancora assorbito.

La mattina in dormiveglia sento ancora lo sciabordio delle onde….


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