my Eire alone

Sono a casa! 

Incredula…. e null’altro!!

Mi guardo indietro. 

Ripercorro mentalmente i chilometri che ho percorso e non riesco a capacitarmi!

Di come ci sia riuscita! 

Di come mi siano scivolati sotto le ruote, nonostante il vento, la pioggia, la nebbia, la solitudine. 

Sulla carta avevo tracciato questo viaggio con un misto di leggerezza e temerarietà, stimolata da quella curiosità che da sempre mi invoglia a vedere “tutto”. 

Unendo i puntini avevo sorriso tra me e me pensando che il progetto fosse alquanto ambizioso, che sicuramente avrei dovuto rivedere il programma strada facendo, che come al solito gli eventi mi avrebbero costretta ad accorciare alcune tappe e a ridisegnarmi il giro. 

Ma sulla carta le tappe ipotizzate mi piacevano troppo! 

Vuoi per le foto, vuoi per gli scambi di messaggi con gli host incredibilmente disponibili all’idea di accogliere me e la mia bici! 

E nel complesso la traccia mi piaceva così tanto che rispetto alle ultime esperienze, in cui non avevo trovato pace fino al giorno prima di partire, questa volta il giro nella mia testa doveva essere questo punto e basta ! 

Sapevo in un certo senso a cosa sarei andata incontro perché in Irlanda ero già stata. 

Sapevo che mi sarei bagnata, che avrei remato contro vento, che sarei stata sola. 

Non sapevo che la solitudine sarebbe stata così appagante! 

Che il vento mi avrebbe fatto così tanto compagnia!  

Che la nebbia mi avrebbe ingoiata completamente! 

Che la pioggia potesse avere così tante declinazioni. 

Che l’oceano sarebbe stato cupo a prescindere.  

Mi è bastato uscire da Cork per rendermi conto che, evitando le arterie principali e le strade a scorrimento veloce, il traffico sulle strade irlandesi sarebbe stato pressoché nullo. 

A parte mucche, pecore, corvi, lepri e trattori, le macchine incrociate si contano sulla punta delle dita. 

Mi hanno stupita, anche in questa occasione, il rispetto e la cordialità manifestati nei confronti dei ciclisti. 

Gli irlandesi sono estremamente affabili e quando ti incontrano per strada ti salutano sempre! 

Non importa su quale mezzo viaggino: auto, camion, moto, carretti, a piedi….  

“Hi! How are you?” 

Ti ringraziano se  ti fermi per farli passare! 

Ti sorridono con complicità e incrociandoli mentre pedali in balia di acqua e vento ti rendi conto che per loro tutto ciò che a te sembra follia è assolutamente normale. 

Perché il clima in Irlanda è incredibilmente mutevole e nell’arco della stessa giornata pioggia e sole si alternano senza soluzione di continuità e  la stessa pioggia ha una consistenza diversa da quella a cui siamo abituati: non sempre ti bagna!

Parlando con gli irlandesi ho appreso che esistono molteplici livelli di intensità della pioggia. 

Si va dal drizzle (che è quella pioggerella fine e inconsistente) al pissing, passando per il wetting e altre innumerevoli sfumature. 

E ho capito che è inutile fare previsioni. 

Osservando il cielo, immenso e carico di nubi a prescindere, si può provare a scommettere su come si evolverà la giornata,  ma la probabilità di azzeccarci è pressoché nulla. 

È pazzesco quanto rapidamente le nubi si addensino e si squarcino . 

Ed è pazzesco osservare l’umidità solida che riempie l’aria e che si sposta vorticosamente e materialmente sospinta dai venti di Nord Ovest: tonnellate di acqua che si muovono orizzontalmente, dalla costa verso l’entroterra lasciandoti addosso una sensazione di consistente umidità! 

Osservando il chiarore del sole al di sopra della coesa coltre di nubi, all’inizio mi sono illusa che la pioggia sarebbe cessata! 

E allo stesso modo, dopo ore di acqua incessante, ho pensato che mai avrei rivisto il sole. 

Ma ogni volta ho dovuto ricredermi! 

L’unica soluzione è partire motivati e possibilmente attrezzati anche se alla lunga non c’è attrezzatura che tenga perché l’acqua trova sempre il modo di infiltrarsi. 

Non riesco a elencare quante volte il tempo sia cambiato in questi sei giorni e quanto io mi sia stupita ogni volta di tali cambiamenti. 

Sono stati sei giorni infiniti, in cui la mia testa si è fatta innumerevoli film. 

Ho pedalato incessantemente, lungo la Wild Atlantic Way, a volte temendo di non arrivare in tempo, ma allo stesso tempo continuando a fermarmi stupita e rapita di fronte all’immensità e alla varietà di certi paesaggi. 

Mi sono goduta la profondità dell’oceano nero come la pece, a prescindere dalla luce del sole. 

Mi sono assaporata gli effetti delle maree che lasciano le barche in secca. 

Ho respirato la brezza marina carica dell’odore delle alghe in putrefazione sulle scogliere. 

Mi sono fatta ammaliare dalle onde ipnotiche che si infrangono sulle coste. 

Ho respirato l’essenza del fieno, raccolto e imballato nei campi. 

Mi sono innamorata perdutamente del Ring of Beara! 

Dei suoi infiniti saliscendi scavati nella roccia a picco sulla scogliera frastagliata e modellata dall’Oceano. 

Mi sono cullata nella malinconia delle lagune immobili inondate di nebbia e silenzio interrotto solo dal tintinnio della pioggia tra Kinsale e Baltimore. 

Mi sono persa tra le mille sfumature di giallo, ocra e marrone che contrastano col grigio accecante dell’oceano costeggiando la penisola di Crookhaven e attraversando il promontorio di Mizen. 

Mi sono persa nella nebbia risalendo le colline del Kerry. 

Ho lottato strenuamente contro il vento incessante che soffia sulla Sheep’s Head. 

Ho sognato pedalando Valentia Island .

Mi sono goduta ogni istante. 

E ogni sera sono stata coccolata dal calore delle case irlandesi. 

Viaggiando da sola sono stata letteralmente accolta da queste famiglie che incuriosite e affascinate dal mio modo di viaggiare hanno chiacchierato lungamente con me, raccontandomi aneddoti e abitudini irish e svelandomi che la contea di Cork è considerata ancora terra vergine in termini di cicloturismo. 

Pochi sono ancora coloro che si avventurano negli infiniti silenzi di queste terre. 

Sono a casa, ma se mi fermo un attimo sento ancora il tintinnio della pioggia e il belare delle pecore nelle orecchie

#meandmybike

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