Liguria on the road!
Il vento ulula in modo inquietante .
Un sibilo sordo e penetrante prende vita tra gli alberi metallici delle barche ancorate al porto che ondeggiano violentemente, scossi dalle raffiche incessanti.
Il mare in burrasca si infrange con cattiveria sugli scogli e gli spruzzi delle onde arrivano quasi ai tavolini dove io e Natalie ci stiamo gustando chiacchiere e racconti innaffiati da un ottimo vino bianco.
Sono appena arrivata.
Guardo il mare e un sorriso si stampa sul mio viso.
Un’ora fa ero su all’Acquarone, e guardavo lo stesso mare da lontano.
Silenzio assoluto.
Qualche timida raffica di vento , fino a quel momento totalmente assente, proveniente da quel mare in lontananza così docile.
Me la sono sudata tutta quella vista, perché la salita per la Cappelletta dell’Acquarone non è proprio in falso piano.
Ma me l’aspettavo!
Dopo tre giorni intensi tra colline e montagne non poteva essere altrimenti.
La ruvidezza delle salite liguri l’ho scoperta subito, appena partita da Ospedaletti.
Me l’avevano preannunciata le stesse signore dei B&B contattati prima della partenza: “Viaggi in bicicletta? Ma noi siamo in collina! È tosto salire in bicicletta!”
Ma io non ci avevo creduto più di tanto. M’era sembrata più una scusa per respingere la prenotazione.
E invece , una volta cominciato a salire ho realizzato che è proprio così!
Che la salita si inerpica su in verticale, senza allentare mai.
In 5 km ti ritrovi ad aver fatto 400 mt, grondante di sudore nonostante i 14 gradi delle 8 del mattino.
Ma lo spettacolo è talmente bello che non puoi fare a meno di continuare a pedalare. La luce è ancora fredda.
Il sole è sorto da poco e la prima sorpresa è vederlo affiorare proprio lì su quel mar Tirreno dove invece ti aspetteresti di vederlo tramontare.
La luce inizialmente rosata che illuminava il promontorio in lontananza è diventata più gialla e intensa.
Osservando Sanremo dall’alto la luce è pazzesca.
Il cielo è striato di nuvole inconsistenti. Man mano che salgo e mi allontano dalla costa il bosco prende il sopravvento.
La strada è inghiottita dagli alberi.
Qui, dove l’autunno è arrivato, un tappeto di foglie rosse e ricci caduti dai rami a causa del forte vento dei giorni scorsi riempiono la lingua di asfalto stretta e curvosa.
La temperatura è decisamente frizzante, ma me ne accorgo solo quando mi fermo per scattare qualche foto.
Avanzo con una certa esitazione tra gli spari dei cacciatori che rimbombano intorno a me nonostante i continui cartelli di divieto di caccia.
Ogni tanto ne incontro qualcuno che mi osserva sornione e mi incita a proseguire. A parte loro sono totalmente sola.
Il mare è sempre più distante e davanti a me non vedo altro che alberi finché non raggiungo il valico sul Monte Bignone e rimango esterrefatta.
Improvvisamente l’orizzonte si apre e dinanzi a me si palesano le Alpi liguri in tutta la loro maestosità!
Le osservo.
Osservo questo susseguirsi di picchi verticali intervallati da discese altrettanto ripide e tutta una serie di paesi letteralmente abbarbicati su su lungo i costoni delle montagne e mi auguro solo di doverne raggiungere pochi.
Ma la traccia che mi ha consigliato di seguire Fabio, organizzatore del Liguria Bike trail, è un concentrato di tutte le perle che caratterizzano questa parte della regione e quindi mi metto l’anima in pace e comincio a scendere per poi risalire per gustarmeli tutti: Perinaldo, Dolceacqua, IsolaBona, Apricale, Bajardo … me li sudo tutti, tra una focaccia e una michetta e non capisco come facciano le persone a continuare a vivere in questi paesi così inerpicati e così difficili da raggiungere, perché le strade sembrano fatte apposta per renderli inaccessibili.
Eppure ognuno di loro è un gioiello che nasconde tra i vicoli chiese, castelli , oratori , botteghe e negozietti curatissimi! Quando arrivo a Bajardo sono quasi le due.
Mi inerpico tra i vicoli del centro storico per godermi il panorama dalla pittoresca terrazza sulle Alpi e rimanere incantata dai resti dell’antica chiesa romanica.
Mi fermo a chiacchierare in inglese con le persone che incontro , la maggior parte di coloro che vivono qui sono stranieri ma anche i locali parlano questo dialetto occitano per me totalmente incomprensibili.
Sono gentili.
Mi fermerei volentieri più a lungo ma le nuvole sempre più nere e dense non lasciano presagire nulla di buono e la lunga salita che mi aspetta mi incentiva a partire.
Il tempo è completamente cambiato.
Il cielo si è incupito, la nebbia si addensa intorno a me.
La salita al Ceppo mi regala suggestioni inattese.
Sono totalmente sola, a parte una quantità innumerevole di uccelli e qualche scoiattolo che attraversa la strada.
La nebbia rende tutto ovattato.
Le montagne intorno a me spariscono.
Gli alberi si materializzano man mano che mi avvicino.
Arrivo in cima ma me ne rendo conto solo perché inizia la discesa.
Inizia ad alzarsi anche il vento.
Quando arrivo al bivio per il rifugio Allavena e il Colle della Melosa mi sento sollevata, penso di essere arrivata ma in realtà ancora 5 km mi separano dalla meta.
5 km e 500 metri di dislivello!
Quando arrivo su c’è ancora luce ma la nebbia è fitta e non mi rendo conto di dove sono.
Marco, il gestore del rifugio, mi accoglie con un calore incredibile.
Lui vive qui.
Ha preso in gestione il luogo da circa due anni!
È innamorato di questi luoghi.
Mi racconta della sua passione per le piante e per la fauna, dei suoi studi in merito, del suo impegno per promuovere il territorio, dei suoi progetti futuri , della sua voglia di viaggiare!
“Fra cinque anni prendo il camper e comincio a girare l’Italia vendendo street food preparato da me”!
E dalla passione che ci mette in cucina sono sicura che sarà un successo!
Fra telefonate e mille faccende mi coccola oltre modo con le sue leccornie e mi rassicura sul fatto che nonostante la pioggia domani sarà bello.
Io gli credo!
Anche perché anche il “mio” meteo è decisamente favorevole per domani!
E la mattina successiva sono di nuovo incredula.
Un corollario di vette circonda il rifugio.
Mi metto in moto e comincio a salire lungo il sentiero degli alpini al confine con la Francia in direzione delle fortificazioni del Balcone di Marta.
Ancora una volta sono sola ma il paesaggio è talmente bello che non riesco a smettere di salire , nonostante, a causa delle piogge, il terreno sia piuttosto smosso e mi costringa a spingere per un bel tratto.
Sono letteralmente rapita da ciò che mi circonda.
L’aria è cristallina, là visibilità pazzesca. Creste su creste si susseguono a 360 gradi.
Difronte a me è perfettamente visibile il mare, alle mie spalle, tra le montagne laghi incastonati, tra i picchi.
Quando arrivo al forte in cima alla salita gli unici rumori che sento sono le voci dei Gracchi.
La discesa verso Realdo è incredibilmente lunga e a tratti impegnativa, tra single track , sentieri nel bosco, e carrarecce ghiaiose ma quando arrivo all’asfalto i crateri tra cui fare lo slalom, le mucche e i cani incattiviti lasciati (per fortuna incatenati) a guardia di non si sa bene che, mi fanno rimpiangere lo sterrato più a monte.
Quando arrivo a Triora è ora di pranzo!
Per scendere ho impiegato un tempo inimmaginabile ma non riuscivo a smettere di fermarmi.
La Valle Argentina è incredibile. Un canyon scavato dall’acqua, inizialmente stretto e avvolgente e poi via via sempre più ampio man mano che scende a valle.
Pareti di roccia verticali che si innalzano, paradiso per i rocciatori.
Devo ancora percorrere un bel tratto di strada e decido di proseguire su asfalto! Con i miei tempi e le mie ruotine non voglio rischiare di trovarmi in alta montagna col buio.
Avviso Fabio, che mi segue da casa, e in quattro e quattr’otto mi lascio tentare dalla sua proposta (indecente!) di arrivare a Pieve di Teco scendendo fino a Montalto per poi svalicare da Colle d’Oggia.
Ancora una volta rimango incantata dalla bellezza del paesaggio che mi circonda. Sono nella patria delle olive taggiasche e gli ulivi hanno sostituito tutto il resto. Distese di questi alberi ricoprono ettari ed ettari di colline perfettamente terrazzate e mi accompagnano lungo la salita.
Una salita lunga e ancora una volta impegnativa.
Quando svalico sono le cinque passate.
Il sole ha iniziato a scendere, l’aria è decisamente frizzante , le nuvole hanno ricominciato ad incorniciare le vette tutt’intorno e comincio ad essere stanca. Mi butto giù senza esitare troppo e dopo una discesa infinita finalmente sono a Pieve di Teco.
Nonostante siano passati solo due giorni mi sembra di essere in viaggio da molto più tempo.
Riguardo la traccia che mi aspetta all’indomani e mi rendo conto che cambiando programma oggi ne ho percorso un bel tratto.
Osservo la mappa ma i nomi dei paesi che leggo non mi dicono nulla. Potrei improvvisare ma decido di chiedere nuovamente aiuto a Fabio che fino ad ora mi ha lasciato decisamente senza fiato.
E faccio bene.
L’ultima mattinata di pedalate vola, salita dopo salita, tra gli ulivi e borghi incantati fino alla malefica salita dell’Acquarone. Osservo il mare dall’alto.
Il vento fino a questo momento assente inizia a soffiare dispettoso e ad intensificarsi man mano che mi avvicino alla costa .
Arrivando a Imperia faccio fatica a rimanere in sella e le macchine intorno a me si tengono a debita distanza visto il pericoloso ondeggiare.
Sono arrivata!
Natalie mi accoglie calorosamente!
Io non so da dove cominciare.
Ho gli occhi pieni di bellezza.
La testa piena di immagini.
Il cuore in tumulto.
Ho deciso che a settembre voglio tornare! Voglio fare il Liguria Bike trail , quello vero! Con la mia Salsa! Voglio farmi tutta l’Altavia che solo pregustato!
Voglio vedere il bosco fatato.
Voglio perdermi di nuovo in queste terre!
Grazie Fabio del Becaro per avermi guidata attraverso questa terra che mi ha letteralmente stregata!
Grazie Natalie Allegra per avermi accolta come se ci conoscessimo da sempre!
Grazie Marco Rifugio Franco Allavena per il calore e le coccole!
Ci vediamo al Liguria Bike Trail
Sei unica, cogliere l’essenza di un territorio non è per tutti . Sai metterti alla prova , oltrepassare i limiti e soprattutto diventare un tutt’uno con la natura.
Brava Simo
Oscar grazie !